La commovente storia di una mucca

Notizia inserita il 24/09/2014

primo piano di una mucca

Una storia di amore materno contro la violenza degli allevamenti.

Fonte notizia: www.agireora.org/info/news_dett.php?id=1465

Nel libro "The Ultimate Betrayal" (Il tradimento supremo), scritto da attivisti vegan americani, che racconta l'imbroglio degli allevamenti "compassionevoli" verso gli animali, si trova una storia molto commovente, usata dagli autori per esemplificare l'intensità dei sentimenti che gli animali "da fattoria" sono in grado di provare e la loro capacità di capire e agire per difendere coloro che amano.

La storia raccontata è quella di una mucca "da latte" di un piccolo allevamento, uno dei pochissimi in cui gli animali stanno liberi in campagna per gran parte del loro tempo. Ma, come vedremo, non diverso dagli altri per quanto riguarda il mandare a morte gli animali allevati.

Una veterinaria, la dott.ssa Holly Cheever, che a quel tempo lavorava come veterinaria per gli allevamenti, venne un giorno chiamata da un allevatore perché visitasse una mucca, per capire come mai l'animale, che aveva da pochi giorni partorito, tornasse invece ogni giorno alla stalla con le mammelle semi-vuote.

La mucca aveva già partorito altre tre volte, nei tre anni precendenti, e aveva sempre prodotto latte normalmente, come accade per tutti i mammiferi quando hanno un piccolo.

Visitando l'animale, la dottoressa Cheever non trovò alcun problema: era tutto a posto, nessuna malattia o altri problemi medici. La mancanza di latte continuò anche nei giorni successivi, e la dottoressa fu chiamata di nuovo, ma, ancora, non trovò alcun problema. Infine, dopo ancora qualche giorno, l'allevatore la richiamò dicendole che aveva risolto il mistero: aveva seguito la mucca fino ai margini del pascolo, dove iniziava un bosco fitto d'alberi. Lì, in mezzo a un fitto groviglio di alberi e cespugli, aspettava tranquillo un vitello, in attesa del suo latte mattutino.

Cos'era successo? La mucca aveva partorito due gemelli, ma dopo il parto era tornata alla stalla con un solo vitello, sapendo bene che le sarebbe stato portato via, e aveva nascosto l'altro nel folto del bosco, dove poteva tornare ogni giorno a nutrirlo e curarlo.

La mucca sapeva che suo figlio le sarebbe stato portato via, perché così era successo nei parti precedenti, e sappiamo bene che è un dolore che nessuna mucca dimentica. Così aveva cercato di nasconderne almeno uno e andava ogni giorno a nutrirlo, senza riportarlo alla stalla.

Non sappiamo perché ne avesse riportato uno: forse aveva tentato di nascondere il figlio del parto precedente, ma era stato trovato subito perché era chiaro che la mucca aveva partorito e il vitello doveva essere da qualche parte. Stavolta, tornando con un vitello, sapeva di poter "soddisfare" l'allevatore. Oppure aveva tentato di nasconderli entrambi, ma uno dei due l'aveva seguita lo stesso. Non possiamo saperlo.

Quel che sappiamo è che la mucca ha continuato a tenere nascosto il piccolo, perché sapeva che se lo avesse riportato indietro le sarebbe stato portato via, come tutti gli altri.

Questa storia commovente non ha un lieto fine: il vitellino nascosto non fu risparmiato, nonostante le richieste della dottoressa Cheever, ma finì, come tutti i suoi simili, in un penoso allevamento per "vitelli a carne bianca" e poi al macello dopo 6 mesi.

E la madre stessa, come tutte le "mucche da latte", aveva ancora ben poco da vivare: forse ancora 1-2 anni, con un parto all'anno e ogni volta il dolore del cucciolo portato via. E poi il macello, anche per lei.

Questa è la "vita" delle mucche da latte: un parto l'anno, perché ovviamente solo partorendo le loro mammelle producono latte, come accade per i mammiferi di ogni specie, e solo per un certo tempo dopo il parto, non oltre un anno. I vitelli sono allontanati subito, tenuti in piccoli capannoni per 6 mesi e poi macellati. Le madri sono macellate dopo 2-3 anni negli allevamenti intensivi più spinti, mentre sono lasciate vivere qualche anno in più nei pochi allevamenti meno intensivi. Ma la loro fine è sempre e comunque una morte atroce al mattatoio.

C'è un solo modo per non essere complici, o meglio, mandanti, di tutto questo dolore: evitare i latticini (così come la carne e le uova, naturalmente).

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