Virgilio Giotti

(Pseudonimo di Virgilio Belli)

Virgilio Giotti, nato nel 1885 a Trieste da Riccardo Schonbeck e Emilia Ghiotto, morto a Trieste nel 1957, è il maggior poeta in dialetto triestino, premiato nel 1957 dall'Accademia dei Lincei.

Le sue poesie sono presenti in quasi tutte le antologie dedicate alla poesia italiana del novecento.

Dal 1907 al 1919 vive a Firenze dove nel 1912 conosce la moscovita Nina Schekotoff, che sarà la sua compagna per tutta la vita. In Toscana avrà i tre figli; Natalia, detta Tanda, e poi Paolo e Franco, che moriranno durante la seconda guerra mondiale in Russia.

La sua consacrazione arriva nel 1937 quando il grande critico Pietro Pancrazi in un articolo sul "Corriere della Sera" rileva il carattere antidialettale del triestino di Giotti, definendolo "écriture d'artiste". Il poeta scriveva in dialetto ma parlava in un italiano toscanizzante. A chi gli chiedeva perché non usasse abitualmente il dialetto rispondeva: - Ma come, lei vuole che usi per i rapporti di ogni giorno la lingua della poesia?!

Il Pancrazi, proprio parlando di Giotti, distingueva la poesia in dialetto dalla poesia dialettale, che è poesia di genere, più folclore che poesia mentre la poesia in dialetto è "patois de l'âme" o "écriture d'artiste".

Gli appassionati scritti di sommi critici come Mario Fubini, Pier Paolo Pasolini, Gianfranco Contini, Cesare Segre, Franco Brevini hanno collocato Giotti tra i massimi poeti in dialetto del Novecento.

Il poeta triestino esordisce a Firenze con il "Piccolo canzoniere in dialetto triestino" nel 1914. Nel canzoniere c'è già tutto il suo mondo. La sua poesia procede per affinamento lirico. La sua opera non vastissima è tutta raccolta in "Colori". Colori è il meditato frutto di una vita consacrata alla poesia e da essa puntualmente rispecchiata. Questa osmosi tra vita e poesia è uno degli elementi che concorrono all'estrema serietà della sua lirica, così aliena da fumisterie letterarie. (Brevini)

Giotti ricorre ad un vocabolario estremamente povero e comune, le espressioni idiomatiche sono ridotte al minimo. La Trieste di Giotti è lontanissima da quella di Svevo, di Saba e degli altri scrittori giuliani. Non c'è il porto, non c'è la psicoanalisi, non c'è la mitteleuropea. Giotti volge la sua triestinità in qualcosa che non è né realismo né folclore ma un puro fatto linguistico e sentimentale, uno sfondo per una poesia di elevata tensione lirica.

Giotti riduce Trieste ai sobborghi e i sobborghi alla cerchia degli affetti domestici. Il titolo della sua poesia "Il mio cuore e la mia casa" suona come il perfetto titolo del suo mondo.

Contributo di Fulvio Quarantotto

Elenco dei triestini celebri.

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