Umberto Saba, il cui vero nome era Poli, nacque a Trieste il 9 marzo 1883 da madre ebrea: fu proprio il legame con il mondo ebraico che lo spinse a scegliersi lo pseudonimo di Saba che, in ebraico, significa “pane”.
Visse per lo più a Trieste, dove, a lungo, tenne una libreria antiquaria, ancor oggi esistente ed in attività in via San Nicolò, 30. Morì a Gorizia nel 1957.
Saba, a cui nel 1953 l’Università di Roma conferì la laurea in lettere honoris causa, è considerato uno dei maggiori poeti italiani del ‘900: caratteristiche stilistiche sono il suo senso di verità e la carica d’amore con la quale investe persone e cose a lui care.
Alcuni luoghi di Trieste sono stati celebrati dai suoi indimenticabili versi; tra questi, via Rossetti, via del Monte e via Lazzaretto Vecchio. Ma la città di Trieste, nella sua totalità, è la protagonista assoluta di “Trieste e una donna”, una delle raccolte facenti parte del “Canzoniere”.
La celeberrima poesia, “Trieste”, rappresenta certamente il più alto e sublime tributo ma reso alla città stessa.
Ho attraversata tutta la
città.
Poi ho salita un’erta
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.
Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest'erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all'ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima una casa, l'ultima, s'aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un'aria strana, un'aria tormentosa,
l'aria natia.
La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva.