Geografie Ostinate - Città di Mare e Città sul Mare nelle Opere di Giorgio Cresciani

Notizia inserita il 9/11/2008

Trieste, Molo IV
8 - 24 novembre 2008
tutti i giorni, 10.30-13 e 15.30-19.30
Ingresso Libero

Curatore: Costantino D'Orazio
Saggio introduttivo del catalogo a cura di Predrag Matvejevic, fotografie di Claudio Abate
Catalogo edito da Gli Ori - Firenze
Con il patrocinio della Provincia e del Comune di Trieste

Si è inaugurata oggi 7 novembre alle ore 18 e resterà aperta dall'8 al 24 novembre, tutti i giorni con orario 10.30-15 e 15.30-19.30, l'esposizione di pittura contemporanea "Geografie Ostinate - Città di Mare e Città sul Mare nelle Opere di Giorgio Cresciani".

Motivo di fondo della Mostra è una riflessione dell'artista sul tema "geografie ostinate", con chiaro riferimento allo spazio di Trieste, scaturita da un dialogo con l'amico scrittore Predrag Matvejevic. Trieste è "geograficamente ostinata", perchè è caratterizzata da una posizione periferica, in cui il mare ha le sponde che si scontrano subito con le pietre del Carso, battute dal vento. Nonostante questo, il mare ha consentito a Trieste, in diversi momenti, di assumere un ruolo economicamente e storicamente centrale. E il fermento attuale attorno alle attività del Porto, suggerisce che la città nel suo futuro possa ambire nuovamente ad un importante ruolo verso ampi territori, non solo europei.

I celebri versi di Umberto Saba, "Trieste ha una scontrosa grazia... Intorno circola ad ogni cosa un'aria strana, un'aria tormentosa, l'aria natia", sono un punto di partenza efficace per comprendere l'opera di Giorgio Cresciani. L'artista vive a Roma, ma ha un forte legame con la sua città natale, Trieste, la quale ha costantemente influenzato la sua esperienza di pittore e di architetto.

Come nelle parole e nelle pennellate di molti altri artisti triestini che hanno vissuto "altrove", proprio la "scontrosa grazia" del capoluogo giuliano è una presenza costante per chi come Cresciani si affaccia al mondo attraverso la lente complessa della propria città d'origine. A contatto con la nota complessità delle sfacettature e delle stratificazioni - etniche, linguistiche, culturali, religiose e politiche - che ha contraddistinto e contrasdistingue anche oggi il capoluogo giuliano, crocevia di popoli e culture, Giorgio Cresciani ha sviluppato una pittura mediata e poco "emozionale" che guarda al contesto triestino con il "tormento dell'aria natia", sul quale si è sovrapposta una lunga esperienza di architetto e docente.

Il susseguirsi dei medesimi soggetti nelle sue opere, anche a distanza di decenni, sottolinea il desiderio dell'artista di possedere, e al contempo di prendere le distanze, da un'appartenenza ad un territorio nel quale Cresciani avverte la presenza di un enigma. La pittura di Cresciani esprime dunque un tentativo di "risolvere" l'intreccio di segni e suggestioni raccolti durante l'esperienza di vita a Trieste, da dove si è allontanato negli anni Sessanta per tornarvi ad intervalli regolari. Agli occhi dell'artista, la città si è via via trasformata nel tempo, da spazio umano e architettonico, in un'immagine ricorrente fissata nella memoria, piegata alle regole della geometria con lo scopo di cogliere i principi misteriosi di fondo e provare a metterli in ordine.

Lo testimonia un autoritratto (anni '80) in cui il volto dell'artista è nascosto tra un intreccio di linee che simulano un labirinto e fanno degli occhi il cuore di un percorso senza uscita.

Questo disegno richiama inconsapevolmente un autoritratto che Mirò realizzò nel 1938, oggi esposto al MoMA di New York. Ma se il lavoro di Mirò si snoda lungo l'avvincente inconscio del segno infantile, guidato da un controllo cromatico estremo, la vicenda artistica di Cresciani prende le mosse da un interesse piuttosto legato al segno, che da libero diventerà con il tempo sempre più irregimentato. Inoltre tra Mirò e Cresciani la differenza sta nel punto di partenza. Mentre quello del surrealista catalano è tutto psicologico, il movente del pittore triestino è la ricerca dell'identità di un segno. La ricerca di Cresciani si gioca infatti sul rapporto tra linea e spazio, sul tentativo di conferire alla mano la possibilità di tracciare un segno pregnante sulla tela: all'inizio si traduce in un affastellato groviglio di linee, che l'artista nel tempo saprà sciogliere in costruzioni dove il percorso "incontrollato" e veloce della mano si piega ad un occhio estremamente razionale.

Nel corso degli anni Cresciani capisce che l'attenzione al rapporto tra segno e colore, tutto in superficie, senza proiezioni psicologiche e filosofiche, sia ormai una ricerca di assoluta dignità.

Al contempo, dopo una fase in cui l'artista si dedica ad acquerelli di scene fiabesche, caratterizzati da colori fantasmagorici, il paesaggio, seppur inizialmente "fantastico", inizia ad acquistare una maggiore organizzazione interna.

La produzione successiva è segnata dagli scorci cittadini e naturalistici che gli sono più familiari, dalla casa di famiglia, al parco giochi dell'infanzia, fino alle coste che da Trieste si congiungono all'Istria. Una serie di luoghi reali, vissuti e abbozzati "in loco", che nello studio e nella memoria trovano poi una nuova identità grazie ad un linguaggio che negli anni diventa sempre più consapevole e organizzato.

Grazie all'uso di una spartizione dell'immagine in riquadri, che ospitano tonalità di colore "puro", senza ombre o incerte sfumature, l'artista si riappropria di un territorio, del quale propone in maniera sintetica i tratti essenziali, che lo rendono ancora più misterioso e universalmente significativo. Il filo conduttore della sua pittura è costituito dalla ricerca costante del rapporto primario tra colori e forme, nel quale ritroviamo alcuni temi cari alla pittura di De Chirico e della Metafisica.

Grazie alla sintesi della geometria piana, Giorgio Cresciani riesce ad accedere all'universo dell'astrazione, guidato dalla maglia dei riquadri nei quali spartisce i suoi paesaggi.

L'artista sembra cercare il modo migliore perché le figure possano combaciare ed evocare una veduta. In realtà questo puzzle di colori non funziona mai alla perfezione, perché tra le parti di monte, così come tra gli angoli di una vela c'è sempre uno scarto di pochi centimetri. Ed è proprio in questo scarto che vive la "realtà ignota" dei dipinti di Cresciani, dove l'immaginazione dell'osservatore ha la possibilità di costruire il proprio percorso interpretativo, dando così un valore personale ed intimo all'opera.

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