Mostra: MARE fra turismo e navigazione, l'immagine del mare nella Venezia Giulia e in Dalmazia (1890-1940)

Mostra Mare tra turismo e navigazione

Notizia inserita il 11/08/2016

Presso il Civico Museo della Civiltà istriana fiumana dalmata di Via Torino, 8, Trieste.
Aperta fino al 16 ottobre con orario: lun. - sab. 10.00 - 12.30 e 16.00 - 18.30; dom. 10.00 - 19.00.

L'idea è quella di raccontare, attraverso le fotografie d'epoca e il disegno pubblicitario, uno spaccato di vita balneare del nostro mare Adriatico con particolare attenzione alla Venezia Giulia e a quelle terre in gran parte perdute, che sono state meta di un turismo balneare di alto livello.

Abbazia, Brioni, Portorose. I nomi di queste ridenti località giuliane hanno riecheggiato a lungo nei discorsi degli italiani e degli austriaci d'oltralpe. Già retaggio della bellé epoque, quando l'area era di pertinenza austriaca, hanno raggiunto il loro splendore nei ruggenti anni Trenta, meta dell'alta società che oltre al mare non disdegnava il gioco del golf.

Al tema del mare vissuto come puro svago si affianca quello della grande navigazione che vede Trieste e la Venezia Giulia, a lungo, in primo piano.

Il tentativo di questa mostra è quello di recuperare questo brulicare di vita e di cultura attraverso immagini di artisti, non solo giuliani, mani felici anche se spesso poco note. Un ricco catalogo la accompagna.

La mostra è stata progettata e realizzata presso il Museo istriano, in via Torino 8, da Piero Delbello per conto dell'IRCI, Istituto Regionale per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata, con partner la Modiano di Trieste e la Fondazione Massimo e Sonia Cirulli di Bologna-New York, grazie alla collaborazione del Gruppo Volontari IRCI, che ne consentono l'apertura ogni giorno dalle 10 alle 12.30 e dalle 16 alle 18.30; domenica dalle 10 alle 19.

Il segno del turismo in Istria Fiume e Dalmazia fra la fine dell'800 e il 1940

Abbazia non era Montecarlo né Portorose poteva competere con Deauville ma, fra la fine del secolo delle rivoluzioni tecnologiche, dell'inizio del modernismo e tutta la prima parte del '900, alcuni centri delle nostre terre divennero meta ambita e, in alcuni casi, elitaria di presenze vacanziere, di gran vita mondana, di spettacolo e di attrazione. È dell'immagine che si diede ai luoghi, per irretire il turista, che si vuole dar conto in questa mostra, per riviaggiare in una sorta di belle époque nostrana cha passa dai fasti di derivato imperiale (austriaco/ungherese) e si prolunga alle leziosità immerse in atmosfere déco, che emergono, non troppo sommessamente, dai residui liberty, monumenti incancellabili, dei respiri da promenade di grandi alberghi.

Abbazia lega la sua immagine ai profili delle navi del Lloyd Austriaco ed è la mano feconda di Giuseppe Sigon, pittore del Circolo Artistico di Trieste e maestro litografo, a tracciare prue e scene di navi nei percorsi costieri verso le lusinghe vacanziere fra il Quarnero, i Lussini e la Dalmazia: è la costa austriaca, il luogo di villeggiatura d'eccellenza di tutto quel mondo mitteleuropeo che trova, in queste terre, la sua belle époque, il frivolo più denso. Si distendono ancora immagini di mare, senso balneare struggente, visto illustrato e appreso in testimonianza continua che pare specchiarsi nelle pagine di Simplicissimus, nelle scelte visionarie di Die Flache, in tante delle grandi e irripetibili riviste di quegli anni, fra Monaco e Vienna, luoghi principe per ogni riferimento nostrano.

Qui la grafica, già colorata del sublime delle secessioni, si innalza ancora in un rincorrersi di episodi e di cifre straordinari. Non è solo il Klimt nell'immaginario del dopo, né sono i nudi esangui di amori tardo scapigliati di Schiele e della referenza che avranno, ma "altro" più "normale", pure straordinario, che diventa il "quotidiano visto" perché guardato con quell'ossessione contagiosa dell'idea vacanziera. Ed è "altro" che profuma del mondano Dudovich, triestino eppure europeo, che si veste delle atmosfere modaiole di Dagobert Peche, di Mitzi Marbach, di Kurt Libesny, di Mela Koeler, sino al colore intessuto di réclame di Stefanie Glax che si mostra unica nel descrivere Abbazia e le sue manifestazioni (spettacolare il manifesto per gare motonautiche, lo Sport Woche Abbazia 1912) in quello scorcio di vita attorno al 1910.

Se la Glax dà il segno della peculiarità di Abbazia con immagini pubblicitarie di questi primi anni del '900, solo facendo un salto di qualche anno, in periodo italiano, troviamo anche efficaci artisti giuliani e fiumani a dar vita alle visioni frizzanti, ovviamente costiere, delle nostre zone. Anche: perché la qualità non ha prezzo, se vuoi vendere bene il prodotto. E allora vai a cercarti firme di livello: dagli Accornero all'altoatesino Franz Lenhart, sino a far fare, quasi imponendo un mutar di stile, disegni sorprendenti alla giuliana Adelina Zandrino che, con una palma da basso Mediterraneo e la solita Madonnina sorpresi da lampi quasi triangolari di raggi di un sole da prisma, pronto a giocare con le nuvole in tarsie solamente tra toni di giallo, segna il "VI Congresso delle Stazioni di Cura Soggiorno e Turismo" nel 1927, sempre e proprio per Abbazia.

Fra futurismo e déco. Tocca all'inossidabile mano, sapida e nuova, del polesano Gigi Vidrich a dirci il galante per le abbaziali feste del 1930, con un tocco da far ripensare a qualcosa del franco-italico Umberto Brunelleschi, con un quasi aver visto Bentivoglio o il francese Lepape delle copertine di Vogue di allora, ma in un ordine particolare di atmosfera delempickiana, con la coppia stretta nel ballo, uomo in monocolo alla Erich von Stroheim e lei in superbo décolleté...

Così, al fiumano Carmino Butkovich Visintini, fra il 1930 e il 1935, vanno ascritti scorci romantici in linee morbide déco, quasi essenziali, sia per Fiume che, e soprattutto, ancora per Abbazia. Appunto Abbazia, perché proprio Abbazia non vuole mollare lo scettro di regina delle spiagge e della vacanza. Elitaria.

Nello stesso torno di tempo, l'ENIT avrebbe dato ad un ben più rilevante disegnatore, il veronese Plinio Codognato, il compito per il manifesto ufficiale della località, qui definita "La perla della Riviera Adriatica", sarà negli anni '30 che l'immagine di Abbazia verrà essenzializzata con tratti riassuntivi e colori base uniformi. E troveremo un grande maestro come Umberto Onorato a sfondare del suo la copertina del libello di viaggio del direttore de "La vedetta d'Italia", il dannunziano Arturo Marpicati, intitolato emblematicamente "Abbazia. Ozi e diporti sul Carnaro", edito da Cappelli nel 1931, dove il profilo della città è una sintesi grafica dall'alto tracciata fra il blu, il celeste, il verde e i due toni di giallo piatti e contrapposti come tarsie modulari di un puzzle.

Poi, attorno ai primi del '30, vedremo un formidabile Ladislao De Gauss, quasi futuristeggiante, a stilizzare la donnina fra esordio di tuffo e onda e, insieme, vela, per una, tutta sua, nuova Abbazia di un depliant turistico da far piacere ad un viaggiatore americano giunto in questi lidi per mare. Ancora, fra il 1938 e il 1939, altre semplificazioni connoteranno la perla dell'Adriatico: splendide, allora, si mostrano le copertine della rivista "Abbazia e la Riviera del Carnaro" con una donnina in costume da bagno distesa in spiaggia a giocare di vista con l'ombra, unica traccia della galanteria maschile che le si porge; o, ancora, l'ennesima palma a moduli geometrici, tutto siglato Gipi.

Solo poco prima, nel 1933, Ranzatto ci conquistava con Portorose, vista, nella sua affollata spiaggia, con donnine quasi alla Boccasile mentre Pollione Sigon, il figlio d'arte del vecchio Giuseppe della Modiano, abbozzava in disegno, per un manifesto mai stampato, ancora una vita di spiaggia con le giovani donne a richiamare riminiane sirene dell'Adriatico. E però, per la Portorose degli anni '30 inoltrati, l'emblema più riuscito sta, forse, nella locandina ancora di un triestino: Antonio Quaiatti. Qua il gergo spiaggiarolo ha una cifra alla Marcello Dudovich e la signorina altezzosa di primo piano domina da regina la scena della bella vacanza. Sono lontani i tempi della cascata di rose per il belvedere del Portorose Palace Kur Hotel del manifesto di Glauco Cambon d'anteguerra e sono anche lontani i tempi della travolgente e fascinosa onda di derivazione giapponese - Hokusai, per intenderci - con cui Argio Orell ci illustrava le bellezze della cittadina rivierasca che pareva nascere da un gioco di arcimboldi con insiemi di frutta e fiori mentre, di sfondo, si mostrava l'agglomerato tutto delle case rivolte a guardare il mare. Era il 1920.

E come non ricordare l'immagine di Fiume fieristica della fine degli anni '20? Con le linee futuriste dell'architetto Angheben. O Zara, nel '30 inoltrato, con le scene di Anders che immortala l'albergo Roma con modi quasi alla Lenhart, o di come si affaccia la Brioni dei golfisti e dei diportisti (e delle nuove mode), ancora negli anni '30. Con un congedo obbligato attraverso quel manifesto per un' "Estate istriana" che coniuga il segno grafico con la fotografia, inserendo d'azzardo due scorci polesi di Arena e Arco fra un celeste variato di mare e di cielo. Pare Bruno Munari con solo una linea bianca tondeggiante a mostrare la nuvola.

Fonte: comunicato stampa dell'IRCI, Istituto Regionale per la Cultura Istriano - fiumano - dalmata

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