I cinegiornali del fotografo Francesco Penco

Notizia inserita il 21/11/2017

23 novembre 2017
Cinema Ariston, viale Romolo Gessi 14, TRIESTE

Giovedì 23 novembre alle ore 17, presso il Cinema Ariston, il giornalista Claudio Ernè e l'autore del restauro e del recupero digitale dei filmati Paolo Venier presentano - introdotti da Daniele Terzoli - una selezione di spezzoni delle pellicole che raccontano Trieste, Fiume, Pola, Capodistria, Redipuglia, Pirano e Monfalcone negli anni tra le due guerre, attraverso i filmati di Francesco Penco.

L'iniziativa della Cappella Underground anticipa la realizzazione del documentario (già finanziato dal Fondo per l'audiovisivo del Friuli Venezia Giulia) che porterà sullo schermo le immagini inedite dei cinegiornali - realizzati dal fotografo Francesco Penco - frutto del lavoro di selezione e recupero di diecimila metri di pellicola ritrovati per caso in una cantina del rione di San Giacomo.

Francesco Penco è stato uno più grandi fotografi triestini della prima metà del Novecento. Con la sua macchina fotografica ci ha lasciato l'affresco di queste terre adagiate sull'Adriatico, delle sue genti, della modernità che si affacciava sulle strade. Fu anche cineoperatore, già si sapeva. Ma è stato solo il ritrovamento di una settantina di scatole di metallo abbandonate in una cantina di Ponziana a confermarlo e a restituirci i cinegiornali che girò tra gli inizi degli anni Venti e il 1945 in un'area che ha per epicentro Trieste e Muggia ma che si estende al Carso, a Fiume, Pola, Pirano, Capodistria, Monfalcone e Redipuglia.

E' la storia dei timbri apposti sulla gelatina o sul retro del cartoncino fotografico che ci racconta che, da un certo momento in poi, Francesco Penco si proponeva come operatore cinematografico pronto a girare film di "soggetto industriale, familiare, sportivo". L'anno di inizio dell'avventura è il 1921 quando, dopo vent'anni di intensa attività fotografica, il cinquantenne Penco chiede al Commissario straordinario per Trieste, Alberto Mosconi, l'autorizzazione ad esercitare l'attività cinematografica. Con straordinaria intuizione, Penco si propone di introdurre "la cinematografia in famiglia, tenere a disposizione della gioventù pellicole riproducenti vedute di paesi e fabbriche in attività" impegnandosi, al contempo, "a riprodurre quanto meglio possibile le scene più appropriate nella vita triestina in modo da far conoscere la città e la nostra regione all'interno del Regno". Il Municipio lo ha appena autorizzato a riprendere "scuole comunali e scolaresche" e lui intende finanziare la sua nuova vocazione per il cinema, ben comprendendo che la settima arte sarebbe divenuta strumento potentissimo. Da quel momento Penco utilizza la doppia ripresa - fotografica e cinematografica - rappresentando un unicum, senza concorrenti, né rivali nel panorama triestino e sui timbri scrive: "fotografia e cinematografia", "documentazioni foto cinematografiche" ma anche "cinefotografia".

I "cinegiornali" emersi dal buio di una cantina, all'interno di una cassa su cui era stampato il suo nome, mostrano il doppio lavoro dell'autore che alla pellicola perforata del film affiancava le lastre di vetro delle sue macchine fotografiche: un doppio impegno di ripresa con uguali intendimenti di documentazione.

Sono uscite dai bauli, immagini riprese per immortalare clienti privati e testimoniare episodi della vita di membri della nobiltà e dell'alta borghesia triestina, ma anche dei Padri salesiani, della Curia, del Vescovo Luigi Fogar, dei Frati di via Rossetti. Sono immagini di servizio, di lavoro, di sviluppo quelle raccolte nei cantieri, nelle industrie, nelle fabbriche, tra gli uomini al lavoro. Sono momenti di vita pubblica: inaugurazioni, sfilate militari, cerimonie patriottiche e religiose, celebrazioni sportive, costruzioni di chiese, partenze e arrivi di navi.

Sullo schermo, nel corso dell'anteprima di giovedì 23 novembre, si potranno vedere il vescovo Luigi Fogar mentre conversa nel suo studio, l'affollata festa per l'annessione di Trieste all'Italia, il Re Vittorio Emanuele che visita il Porto vecchio (1922), l'inaugurazione del Faro della Vittoria (1927). Ed ancora il varo del motoveliero "Sofija" costruito sullo scalo del cantiere Doria posto sulle Rive (esattamente dove sorgeva la vecchia piscina), la colonia estiva di Senosecchia e San Bartolomeo, sfilate di camice nere (1927), la Festa della Marcia su Roma (1925), la Fiera campionaria del 1922, la traslazione della salme dei volontari giuliani della Grande guerra a Redipuglia, la visita della Regina al Ricreatorio Pitteri (1927). E poi generali, ministri (Thaon di Revel a Monfalcone nel 1942), podestà, ufficiali, sacerdoti e tanti tantissimi triestini che affollavano strade, piazze, manifestazioni, feste (la Festa degli alberi a Barcola).

E' a Claudio Erné che si deve la riscoperta di questo fotoreporter ante litteram e a Paolo Venier la traduzione in linguaggio digitale di ottomila metri di pellicola in formato analogico. Saranno loro a condurre l'anteprima del racconto fissato su pellicole Agfa, su Ferrania, su Kodak. Saranno loro a ripercorrere la storia di questo fotografo che altro non è che la storia di queste terre. Lo faranno giovedì 23 novembre, alle ore 17, al Cinema Ariston di Trieste, introdotti da Daniele Terzoli della Cappella Underground.

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