The best of Parsons

Notizia inserita il 27/01/2009

"Due appuntamenti di danza internazionale chiudono il mese di gennaio allo Stabile regionale. Il 29 e 30 va in scena The best of Parsons, il meglio delle creazioni del celebre coreografo David Parsons, un'icona della post modern dance americana: appuntamento da non perdere anche per l'eccellente tecnica e l'interpretazione appassionata dei 12 danzatori della compagnia Parsons Dance. Il 31 gennaio e l'1 febbraio sarà la volta di 3 x 11 originale e giocoso spettacolo di teatro immagine, con i celeberrimi Mummenschanz: animano oggetti semplici creando creature fantastiche e scenette divertenti davanti agli occhi sbalorditi di spettatori piccoli e adulti."

Il mese di gennaio al Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia si chiude con due ospitalità di altissimo livello e di spessore internazionale: appuntamenti da non perdere inseriti entrambi nel cartellone Danza & dintorni.

Giovedì 29 e venerdì 30 si esibirà al Politeama Rossetti l'eccellente Parsons Dance in uno spettacolo intitolato The best of Parsons: una raccolta mozzafiato delle migliori coreografie di David Parsons, fra i massimi esponenti della post modern dance americana e della coreografia contemporanea a livello intenazionale.

Sabato 31 gennaio e domenica 1 febbraio sarà invece la volta di un gruppo dalla cifra stilistica assolutamente originale: i Mummenschanz. Un nome curioso per identificare un gruppo svizzero che da oltre trent'anni ottiene successo planetario ed ha rivoluzionato il concetto di teatro-immagine e teatro-danza. Uno spettacolo che sbalordisce e incanta sia il pubblico adulto che quello dei più piccini.

The best of Parsons - che debutta giovedì 29 gennaio in esclusiva regionale al Politeama Rossetti - è uno spettacolo di grandi incantamenti.

Un ballerino volteggia sospeso a mezz'aria, sopra il palcoscenico: la musica di Robert Fripp -grandissimo chitarrista e fondatore dello storico gruppo dei King Crimson - lo accompagna nelle sue evoluzioni che lasciano il pubblico senza fiato, poiché, forse per un sortilegio, egli danza senza mai toccare terra... Caught è stata definita dalla critica «una delle più grandi coreografie degli ultimi tempi» ed è frutto del genio e dell'irraggiungibile talento di David Parsons, uno dei più autorevoli esponenti della post-modern dance statunitense. Costruita nel 1982, la coreografia nasce dall'intuizione d'illuminare il ballerino con la luce stroboscopica catturandolo solo al culmine di un salto o di un'altra figura: da qui l'effetto di "sospensione" che l'ha resa celeberrima, emblematica dello stile della "Parsons Dance" che da sempre coniuga fantasia, sorprendente atleticità ed anima.

Caught sarà solo uno dei meravigliosi momenti dello spettacolo che la compagnia Parsons Dance - dodici straordinari ballerini - donerà al pubblico dello Stabile nel suo The best of, antologia di quanto di meglio ci sia nel preziosissimo repertorio del coreografo americano.

Nato a Chicago e cresciuto a Kansas City, David Parsons è stato per oltre nove anni uno dei principali danzatori della Paul Taylor Dance Company. Il 17 luglio 1985 ha però fondato la Parsons Dance insieme al light designer Howell Binkley: da allora la Compagnia ha costantemente rinnovato il proprio successo sulla scena internazionale e - cosa rara nel mondo della danza attuale - ha lasciato un segno nell'immaginario teatrale collettivo.

Merito della poetica emozionante di David Parsons, che crea partendo dall'assunto che il miglior strumento per comunicare siamo noi stessi, con il nostro corpo, e che traduce tutto ciò in una danza piena di energia e positività, acrobatica, comunicativa e non priva di momenti di tensione lirica e delicatezza.

Seguendo queste linee, Parsons ha creato oltre 70 coreografie per la Parsons Dance, molte delle quali sono divenute veri e propri cult della danza mondiale, eseguite da ensemble di eccellenza, come Paris Opera Ballet, Nederlands Danse Theatre, Hubbard Street Dance, BatSheva Dance Company of Israel e molti altri. E gli sono state commissionate opere nuove da compagnie prestigiosissime come la stessa Paul Taylor Dance Company, l'American Ballet Theatre, il New York City Ballet e l'Alvin Ailey American Dance Theater, l'American Dance Festival, lo Spoleto Festival e il Het Muziektheater di Amsterdam.

Tuttora l'ensemble guidato da Parsons è costantemente impegnato in tour internazionali, in cui sono sempre compresi annuali appuntamenti in Brasile, Italia e New York.

Un privilegio dunque che nel solo mese di repliche italiane programmate nel 2009, sia stato incluso lo Stabile regionale, dove la Parsons Dance è stata già applaudita nel gennaio 2002, quando - a sorpresa - lo stesso coreografo si esibì in scena.

Per questo nuovo appuntamento, i ballerini della Parsons Dance che, come ha scritto il critico del New York Times, «vengono scelti per il loro virtuosismo, energia e sex appeal, e attaccano il pubblico come un ciclone, una vera forza della natura», proporranno un programma interessantissimo, un intreccio di ritmo e poesia, vitalità e sensualità, perfezione tecnica e cuore. Oltre il già citato Caught, applaudiremo Nascimento, esuberante tributo allo spirito brasiliano, Hand Dance, in cui cinque danzatori creano immagini solo con le loro mani. My Sweet Lord è una coreografia dedicata a Gorge Harrison e creata per l'American Ballet che dal 2000 suscita entusiasmo, poi conclusione con In the End: musica celeberrima della Dave Matthews Band per una danza suggestiva e frenetica che richiede ai ballerini perizia, possanza tecnica e atletica, impegnandoli in un continuum di prese, salti, passi, giri repentini. Un finale intenso e tutto in crescendo.

Sul palcoscenico ammireremo i danzatori Abby Silva, Miguel Quinones, Julie Blume, Patty Foster, Kevin Ferguson, Billy Smith, Zac Hammer, John Corsa, Eric Bourne, Sarah Braverman, Natalie Lomonte, Steven Vaughn.

Accanto al direttore artistico David Parsons, vanno citati ancora il direttore esecutivo David Harrison e il Direttore Artistico Associato Elizabeth Koeppen.

Diverso lo spirito di 3 x 11 dei Mummenschanz: armati di fantasia, coraggio, incredibile freschezza creativa, da oltre trent'anni portano di teatro in teatro una grammatica corporea nuova, che ha rappresentato una rivoluzione nell'ambito dell'arte mimica e con cui hanno conquistato fama mondiale.

La loro prima apparizione risale al 1972, al Festival di Avignone: un'esibizione che per invenzione e innovazione ha lasciato sbalorditi e incantati spettatori, critici e operatori. Da quel momento hanno spopolato senza sosta in Europa, Asia, America, Africa e Australia, sono stati l'evento più amato in cornici raffinate ed esigenti quali il Festival di Edimburgo e quello di Spoleto, le maggiori platee di Berlino e di Broadway, dove - caso unico per questo genere di spettacolo - hanno esordito nel 1977 con un esito tale da farli replicare consecutivamente per tre anni...

3 x 11 - così è intitolato lo spettacolo che segna il loro ritorno al Politeama Rossetti dopo il successo nel 1991 del loro Mummenschanz Encore ­- rappresenta una summa del loro immaginario, del loro modo di far teatro e dei sortilegi che hanno regalato al pubblico dalla fondazione del gruppo ad oggi.

E oggi, come nei primi anni Settanta, il segreto della loro unicità e della loro fortuna è da ravvisare certo nella loro perizia, nell'originalità del loro mondo creativo, ma anche in alcune precise scelte artistiche che in verità sembrerebbero rischiose e "controcorrente" rispetto alla realtà contemporanea.

Innanzitutto l'arte dei Mummenschanz esige il silenzio: il volto e il verbo degli artisti - come pure qualsiasi colonna sonora artificiale - sono sacrificati al movimento generatore di forme estranee ai nostri parametri. Ad essere mossi e modellati nello spazio nero, fino a dar forma a queste figure meravigliose, non è nulla di misterioso o tecnologico. Sono invece gli scarti del nostro mondo chiacchierone e consumista, dove la fantasia e la poesia sono soffocate dall'esigenza del "tutto pronto subito" e da un continuo brusio di sottofondo.

L'universo in cui ci accompagnano i Mummenschanz non si piega a tali banalità e ci riconduce a quello spazio-silenzio un po'magico che abbiamo sperimentato da bambini, quando sassi e biglie, fuscelli, legnetti e piume d'uccello sono stati i migliori compagni di gioco, pronti a trasformarsi in creature e oggetti meravigliosi, dalle mille potenzialità.

Ecco allora che sacchetti, pezzetti di carta, polistirene, fil di ferro, cordicelle, pezzi di tubo, brandelli di stoffa, serpentini luminosi e forme di gommapiuma possono diventare alleati meravigliosi per entrare in un mondo da favola: con incredibile maestria i Mummenschanz li flettono secondo le loro idee, li muovono dando origine a una galleria di creature immaginarie e continuamente in mutamento, ma in qualche modo sempre vicine all'uomo. Esse divengono protagoniste di piccole gag, scene commoventi o esilaranti, racconti paurosi o coinvolgenti.

Conosciamo così le schermaglie di innamorati gelosi, la voracità di animali affamati, l'arroganza di altre creature pronte al combattimento, la goffaggine di qualche altro sorprendente protagonista...

Non vedremo invece fino alla fine della performance Bernie Schürch e Floriana Frassetto (fondatori del gruppo), Raffaella Mattioli e Pietro Montandon: sono loro gli artefici del sogno, i mimi, gli equilibristi, i prestidigiatori, che realizzano l'impossibile attraverso il loro corpo, sempre celato nel nero. «La bellezza e l'eccezionalità del gesto - scrivono nelle loro note - schiudono una volta ancora per noi un mondo incantato dove siamo invitati da esseri-oggetto, esseri-chimera ai quali, non con stranezza, assomigliamo».

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